Libertà, diritti, cittadinanza. Un’altra Italia è necessaria: la relazione di Laura Calafa’

28 Marzo 2010

volantino23marzoNon è usale discutere con sincerità di libertà, diritti e cittadinanza in una sede politica. Soprattutto in campagna elettorale.

La sincerità è un’arma a doppio taglio: può essere rivelatrice dei limiti e delle contraddizioni di chi usa in modo retorico argomenti per condire il vuoto in cui si innestano; ma è anche l’unico termine che consente di manifestare quella passione civile che contraddistingue l’esperienza di tutti noi che siamo seduti a questo tavolo stasera, che nulla hanno a che spartire con la vuota retorica politica.

Come professore di diritto del lavoro e militante anche se dormiente del Partito, stasera ho accettato di partecipare a questo incontro perché si tratta di una ghiotta occasione per proporre al nostro ospite alcune suggestioni.

Suggestioni che non posso che ricavare dal mio piccolo bagaglio di conoscenze anche, ma non solo, correlate al mio lavoro: donne, stranieri e, in generale, diversi e lavoro.

“Certi temi fanno parte dell’aria di un certo tempo” ci spiegava Marguerite Yourcenar nella prefazione ad un suo libro scandalo (Alexis ovvero il trattato della lotta vana del 1929) riferendosi all’omosessualità. Ed è questo il filo conduttore che vorrei utilizzare con voi stasera.

Dove sono i diritti e le libertà nell’aria di questo tempo? Certo, l’aria di questo tempo …

Stamattina mi sono concessa il lusso di rileggere la raccolta Scritti Corsari di Pasolini. E’ lì che ho sempre trovato, da quando li ho scoperti, la giusta sintesi delle contraddizioni che continuano ad appartenere a noi, nonostante gli anni (ne sono passati quasi quaranta da quando sono stati scritti quegli articoli!). La mia chiave di rilettura di quei saggi, non è legata alla teoria politica che tratteggiano, ma all’immaginazione sociologica utilizzata, venata di poesia e rigore, con cui delinea i tratti di una società come quella italiana di cui coglie la contraddizione tra produzione del superfluo, edonismo, sviluppo cinico e indiscriminato (il nuovo, allora) e legalitarismo, clericalismo e intrallazzo (il vecchio, sempre di allora). Aggiunge, in Lettere luterane, “A un certo punto il potere ha avuto bisogno di un diverso tipo di suddito, che fosse prima di tutto un consumatore”. Non sono una sociologa, ma prendo a prestito concetti di altri per ricordare che ci stava descrivendo il contesto in transizione dal fascismo alla democrazia in cui era tanto difficile parlare di divorzio, di aborto, di omosessualità. E oggi?……

Evito accuratamente di ricordare alla platea le parole dei quotidiani di stamattina sul diritto alla vita. Non meritano nemmeno un accenno.

Per capire dove sono finiti i diritti e le libertà basterebbe scorrere le pagine di un quotidiano ogni giorno. Non voglio fare questo: sarebbe cadere in quell’errore del condizionamento mediatico che vorrei evitare. Vorrei offrirvi una diversa prospettiva: la misura del tasso di indignazione della quotidianità, senza filtri della comunicazione. Questa misura è alta e la scelta della saggistica politica d’emergenze degli anni Settanta (quella scritta da Pasolini, appunto) ci aiuta a capire: siamo in uno stato di emergenza civile che merita la stessa considerazione della crisi economico-finanziaria. Solo che quella forse si risolverà, quella civile è più difficile. O sarà molto più lunga perché ha radici tanto radicate da apparire quasi impossibile sradicarle.

Partiamo “dalla caccia alle streghe, agli stranieri e agli omosessuali”. Le streghe, quelle vere, sono sempre le donne.

La politica dovrebbe misurare il tasso di indignazione di chi siede ad un tavolo di relatori stranieri mentre un esperto ungherese racconta a settanta giudici europei i contenuti delle ordinanze locali italiane dedicate ai Rom e stranieri adottate nelle varie città della nostra penisola: quelle ordinanze sono esempi di violazione dei diritti umani studiati all’estero (certo, non i soli), ma i più studiati; di chi cerca di capire quale effetto è destinato a produrre l’introduzione di un reato di ingresso e soggiorno illegale in Italia sui contratti di lavoro (già di soggiorno per lavoro) in vigore dal 2002, di chi cerca di spiegare che i tempi di attesa del rinnovo del permesso di soggiorno rendono gli stranieri troppo fragili, che Rosarno non è un caso, che l’impatto dei tetti nella presenza di bimbi stranieri nelle aule italiane. La sicurezza, l’ordine pubblico, lo stato d’emergenza?

Un falso problema, serve solo a scalfire con una parvenza di legalità, lo stato di diritto. Basta leggere le statistiche, come basta leggere le statistiche della Banca d’Italia per capire che le fette di mercato del lavoro coperte dagli stranieri non sono tolte agli italiani.

Continuiamo con gli omosessuali e l’omofobia: nel giorno in cui la Corte costituzionale è chiamata a rispondere al quesito sull’estensione del matrimonio tra persone dello stesso sesso, ricordiamoci che l’aggravante penale contro l’istigazione alla violenza omofobica non è stata approvata in un clima di totale degenerazione della discussione, in cui si sono richiamata anche la pedofilia e zoofilia. La prossima settimana ad Amsterdam, il Governo olandese ha organizzato un incontro sulle buone prassi in materia e il Governo italiano è un sorvegliato speciale in materia. Ha prodotto un rapporto edulcorato sul tema, come è edulcorato il rapporto relativo all’attuazione della convenzione Oil 143/75 sui lavoratori stranieri.

Ecco, la convenzione Oil è stata ratificata nel 1981 e ha acquisito speciale valore nell’assetto delle fonti nazionali in tema di stranieri. Teniamola cara, come teniamoci care e strette tutte quelle vecchie leggi che faticheremmo oggi a vedere approvate di nuovo.

Donne, anzi streghe. Qualcuno ha visto il sondaggio che circolava in questi giorni sul Corriere della Sera? Trenitalia e le veline: preferite donne, giovani e belle nel Club Eurostar o vecchi e brutti dipendenti maschi? Ecco il tasso d’indignazione cresce. Ma anche quello di violazione delle regole in vigore.

Trattare il tema delle donne oggi merita più di qualche minuto e di qualche considerazione affannosa legate a modelli socio-antropologici femminili. Mi limito a ricordare, proprio per il mio bagaglio di conoscenze, che oggi più che mai occorre prestare attenzione al ruolo delle donne nel lavoro. Nei giorni in cui il Presidente della Repubblica sta vagliando il testo del collegato al lavoro approvato il 4 marzo, preme ricordare che è proprio attraverso il lavoro che è stato scalfito il tradizionale epitaffio domi mansit, lanam fecit. Trattare ora il tema del lavoro e dei diritti a questo collegati non può che aggravare il tasso di indignazione che accumuliamo quotidianamente. Abrogazione della legge contro le dimissioni in bianco? Contratti a termine (pensati per le Poste spa) illegittimi costituzionalmente (mi riferisco alla sentenza della Corte costituzionale 214 del 2009)? Contratti di collaborazione non più convertibili, ma solo indennizzabili anche se illegittimi? Sindacato svuotato e logica del consenso inaridita?

Per questo tema l’attacco ai diritti è partito da anni. E si consolida, indebolendo la risposta individuale e quella collettiva.

Non vorrei chiudere ricordando che spetta alla politica, prima che agli altri, “prendere i diritti seriamente”. Sarebbe banale: la politica lo sa. Forse occorre solo un po’ più di coraggio.


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