Assemblea Congressuale: la relazione di Paolo Calvano

6 Novembre 2013

kelvin2Stiamo affrontando il nostro Congresso Nazionale in uno dei momenti più bui per la credibilità della politica e per la considerazione che i cittadini hanno dei “politici”. Nonostante questo, abbiamo un popolo che continua ad avere fiducia sulla nostra capacità di ridare forza e dignità alla politica.

E’ un patrimonio di fiducia che non possiamo permetterci di disperdere.

Provo a leggere così il buon livello di partecipazione ai nostri congressi locali: nel giro di pochissime settimane, siamo stati in grado di far riunire 49 circoli della nostra provincia, con altrettanti incontri precongressuali. E di questo ringrazio tutte quelle persone, a partire da chi si occupa dell’organizzazione del partito, che con grande spirito di sacrificio hanno sottratto spazio al loro tempo libero, alla loro famiglia e al loro lavoro, per metterlo a disposizione del partito.

Grazie davvero a tutti!!! Fatevi un applauso, rivolto anche a tutte quelle persone che preferiscono non apparire, ma che ogni giorno sono li, costantemente sul pezzo!

 

Si sono espressi quasi 2000 iscritti, circa il 36% degli aventi diritto. Si è riattivato il tesseramento, recuperando un migliaio di iscritti nell’ultimo mese, e il tutto è avvenuto nel pieno rispetto delle regole. Siamo riusciti a far ripartire due circoli: a Goro e a Consandolo, accorpando invece altre realtà, con l’obbiettivo di accrescere l’efficacia e la sostanza della nostra presenza.

Tutto ciò non era scontato, anche a fronte del fatto che la mia candidatura, e quella di molti segretari di circolo, era unica.

Un aspetto che ho percepito fin dall’inizio e a maggior ragione da stasera, come una forte responsabilità. Vi ringrazio per il sostegno che avete deciso di accordarmi e per quanto in questi anni abbiamo fatto insieme, sapendo che c’è molta strada ancora da fare.

Un consenso così largo mi dà la responsabilità di creare le condizioni affinchè tutti trovino modo di potersi esprimere nel partito, di poter partecipare, di poter offrire il proprio contenuto di idee. Con questo criterio comporremo gli organismi dirigenti, con la consapevolezza però che ci saranno momenti nei quali le decisioni potrebbero essere prese anche con maggioranze meno rilevanti del 96% di consenso emerso nei circoli:

abbiamo bisogno che il dibattito interno sia un’occasione per migliorare le decisioni, non per impedirle, perchè oggi ci giochiamo gran parte della nostra credibilità proprio sulla capacità di “fare”.

Confido inoltre sul fatto che si possa proseguire sulla strada di un dibattito interno non condizionato dalle appartenenze congressuali, ma finalizzato alle cose da fare e al modo migliore per farle.

Mi auguro che i comitati che si formeranno a sostegno delle mozioni e dei candidati a segretario nazionale, dal giorno dopo si sciolgano e offrano il loro contributo di idee nei propri circoli, negli organismi dirigenti e in tutte le sedi della partecipazione.

Siamo riusciti in questi anni ad avere a Ferrara un approccio alle cose estraneo alle dinamiche correntizie e questo ci ha aiutato ad affrontare i problemi e a risolverli e ad affrontare al meglio le tornate elettorali, avendo la capacità di scegliere ogni volta il miglior democratico o la miglior democratica che meglio avrebbe governato quella realtà.

E’ l’approccio che ci chiedono i nostri iscritti ed elettori e non possiamo deluderli.

Anche in funzione di questa mia considerazione, nella prossima assemblea voteremo la nuova direzione e vi presenterò una squadra di segreteria fatta di donne e uomini che possano trovare nella segreteria provinciale una palestra per la propria crescita e per il proprio impegno politico:

è un mio dovere, da segretario al secondo mandato, creare le condizioni affinchè una nuova classe dirigente locale ( a prescindere dall’anagrafe, non è questo il tema) possa fare quello che è stato consentito a me: mettersi alla prova e maturare le conoscenze per poter offrire il proprio contributo innovativo al nostro partito e al proprio territorio.

Solo lanciando e accettando questa sfida possiamo mantenere quel vantaggio comparativo accumulato verso le altre forze politiche nella costruzione di nuova classe dirigente sul territorio. Un vantaggio che spesso si è tradotto in una maggiore credibilità a livello locale rispetto a tutti gli altri partiti.

E’ qui che si inserisce la mia riflessione sul rapporto tra politica e professionalità e sul ruolo del partito.

Certamente nel nostro Paese la politica per professione ha creato mostruosità con le quali si stanno facendo ancora i conti, ma rischiamo di pagare un altro conto salatissimo se passa il principio che la “politica” e l’impegno pubblico nelle istituzioni siano materie alla portata di chiunque.

Non è così: la politica fatta senza professionalità può determinare mostruosità ancor più rilevanti.

Per questo e’ centrale il ruolo di un partito: e’ indispensabile per far crescere e maturare nuove esperienze, per consentire la formazione del pensiero, per misurarsi tutti i giorni con la gestione di un’organizzazione complessa, comprenderne le sfaccettature e acquisire la cassetta degli attrezzi, gli skills, come direbbero gli amanti dell’inglese, utili allo svolgimento di un impegno pubblico.

Lo dico anche a coloro che generosamente si sono rimessi a disposizione per fare i segretari di circolo e a coloro che si sono affacciati per la prima volta a questo ruolo.

So che se vi siete candidati e’ perché vi accompagna l’idea di una politica fatta per “dare” e non per “avere”, perchè avete in testa l’idea di offrire il vostro contributo affinchè il nostro partito diventi quel bellissimo progetto che abbiamo in mente fin dalla sua origine.

Non vi mancheranno i momenti di scoramento, non mancheranno le sere nelle quali vi direte “ma chi me l’ha fatto fare”, ma non vi mancheranno neanche i momenti nei quali vi sentirete orgogliosi di esservi messi al servizio, di aver dato un contributo affinchè qualcuno possa star meglio di prima, di essere parte di una squadra che nel momento del bisogno sa sempre ritrovarsi, come ha dimostrato la terribile vicenda del terremoto.

Spero di riuscire a farvi vivere insieme l’emozione di essere parte di questasquadra.

Proprio con questa idea, ad ognuno dei membri della segreteria, oltre ad affidare un impegno di carattere tematico, affiderò anche l’onere e l’onore di affiancare i circoli nelle proprie attività.

Ho colto nei congressi di circolo che quel sentimento di distanza che spesso avvertiamo verso il partito nazionale e’ un sentimento che ogni tanto i circoli avvertono nei confronti del partito Provinciale.

Voglio che la nuova segreteria si faccia carico di ridurre questa distanza: ogni circolo saprà di avere un proprio riferimento dentro la segreteria provinciale, che gli sarà utile per affrontare gli obiettivi politici che ci daremo e che spero possa essere utile anche per sentirsi meno soli.

Mi prendo perciò la responsabilità di ricreare un rapporto di fiducia fra centro e periferia anche nel nostro territorio, ma al contempo devo fare un appello:

siamo impegnati a ridurre i costi della struttura centrale del partito, lo stiamo facendo puntando anche sull’impegno volontario di alcuni di voi. Continueremo su questa strada cercando di non lasciare a piedi nessuno dei nostri dipendenti, ma dobbiamo rispettare gli impegni economici che ogni anno ci diamo, altrimenti i bilanci preventivi diventano solo un inutile esercizio retorico.

Costruiremo insieme quei bilanci preventivi, daremo il massimo della pubblicità e trasparenza a quelli consuntivi.

E non posso che ringraziare a nome di tutti voi l’impegno che Maurizio Barbirati ci sta mettendo in questa difficile missione, un impegno, quello di tesoriere, che vi propongo di confermare.

Come anticipato nel mio documento congressuale costituiremo a brevissimo un Comitato di tesoreria, non solo come ulteriore elemento di garanzia, trasparenza e controllo, ma anche come strumento per mettere in campo strategie che ci consentano di poter sopravvivere come struttura centrale e come circoli territoriali. E’ una priorità che rischia a breve di diventare un’emergenza.

Da domani comparirà sulla homepage del sito del partito il “conta iscritti” con a fianco l’importo di quanto incassato dalle tessere, che riporterà la dicitura: “il 50% finanzia l’attività dei circoli, l’altro 50% l’attività della sede centrale”. Un impegno che dobbiamo tutti rispettare, insieme a quello dell’obiettivo annuale.

Il “conta iscritti” sarà uno strumento di trasparenza al nostro interno, per i nostri elettori e per chi ci guarda da fuori. E’ una risposta in salsa locale a quanto di brutto si sta leggendo in questi giorni in giro per l’Italia. Spero diventi anche il modo per sentirsi tutti impegnati a far si che quel numero ogni giorno cresca, perché altrimenti sarà un’operazione di trasparenza utile solo ai commentatori esterni per misurare e disquisire sul nostro stato di salute.

Uno stato di salute che non si misura più solo sul livello del tesseramento, perchè è cambiato radicalmente l’approccio della società verso i partiti, come sono cambiate le forme di partecipazione. E’ per questo che dobbiamo creare nuove modalità di coinvolgimento sulle quali misurare la nostra capacità di espansione.

Ai milioni di tesserati che registravano i partiti della Prima Repubblica, noi, come PD, dobbiamo rispondere con i milioni di persone che ogni volta riusciamo a far partecipare alle nostre primarie e non solo.

Quale rapporto instauriamo con questi elettori? In che modo li teniamo coinvolti? In che modo li facciamo sentire partecipi della vita del PD, nella misura in cui ovviamente ne siano interessati?

Su questo il web potrebbe fornire prime e innovative risposte. Sfruttiamo le primarie dell’8 dicembre per raccogliere il maggior numero di contatti, per poi riutilizzarli avviando nuove forme di democrazia digitale. Chiederò di costruire un gruppo di lavoro mettendo insieme persone competenti che facciano una proposta su come usare e come arrivare a forme di consultazione online di iscritti ed elettori.

Affinchè siano forme efficaci, devono anche essere regolamentate. I quorum zero mi spaventano, perchè non dobbiamo trasformare la partecipazione in forme mascherate di “dittatura delle minoranze”, verremmo meno a quell’idea di democrazia rappresentativa che va certamente migliorata, a tutti i livelli, ma al contempo difesa, di fronte a derive che rischiano di trascinare il Paese nel caos più totale.

Una partecipazione aperta a tutti, che consenta anche a chi in un primo momento non se la sente di prendere una tessera, di sentirsi comunque libero di partecipare.

Dobbiamo continuare, e i regolamenti sono un mezzo non un fine, a garantire la partecipazione delle donne. Su questo ci siamo presi un impegno che va mantenuto, sia negli organismi del partito, sia nelle istituzioni che nelle società pubbliche locali. C’e chi continua ad intenderlo come il rispetto di una quota, ed e’ uno dei modi per migliorare la qualità del dibattito, del confronto e del governo locale.

Proprio nell’ottica di accrescere le occasioni di partecipazione, dobbiamo affiancare agli organismi dirigenti i forum tematici che in determinati momenti ci hanno consentito di allargare la partecipazione a persone, anche esterne al nostro partito, che avevano voglia di offrire un contributo di competenze e di idee.

Dobbiamo avere la capacità di stare sul territorio, uscire dai circoli e confrontarci all’esterno: il circolo può essere espressione di un pezzo della realtà sociale, ma magari non riesce a rappresentarla integralmente. Per questo il confronto con l’esterno e’ essenziale e vitale, per riuscire ad essere al centro dei problemi e dei bisogni di quella realtà.

Andare a scovare quei bisogni che da soli non si paleserebbero al partito o all’amministrazione, ma la cui conoscenza e’ utile per mettere in campo adeguate politiche di risposta a quei bisogni.

Come ha scritto uno dei nostri segretari comunali, dobbiamo essere un partito “open”, che accetta la sfida della contaminazione, che sa mettersi in discussione, perchè, si sa, solo gli stolti non hanno mai dubbi.

Voglio raccogliere con voi questa sfida e provare ad essere innovativi e provocatòri su questo tema.

E’ evidente che la partecipazione non è solo determinata dagli strumenti di cui ci si dota, ma anche dalla capacità del partito di mostrarsi coerente, serio ed onesto.

A tal proposito ho voluto inserire nel frontespizio del mio documento programmatico il riferimento a quell’art. 54 che richiama l’onore e la disciplina come modo di approcciarsi alla gestione della “cosa pubblica”.

Un richiamo sempre attuale, che dobbiamo avere scolpito dentro noi stessi.

E non possiamo far finta, in una fase congressuale come questa, che le vicende legate ai costi dei consigli regionali non stia toccando l’animo dei nostri elettori ed iscritti. C’è disagio per ciò che si legge sui giornali, anche perchè quei fatti rischiano di oscurare quanto di buono negli ultimi anni si è fatto: dall’eliminazione dei vitalizi, alla riduzione importante dei budget di spesa fino al taglio radicale dei costi della politica. Per questo ho apprezzato la scelta del Capogruppo del PD in Regione di dimettersi da quel ruolo, in attesa di fare chiarezza.

Non farò ulteriori considerazioni sugli atteggiamenti dei singoli, siamo fermi ad indiscrezioni giornalistiche e soprattutto c’è un’indagine in corso, ed esprimere giudizi sarebbe sbagliato e irrispettoso del lavoro dei magistrati, rispetto ai quali c’è fiducia, e nei confronti delle persone coinvolte, che devono avere il modo di spiegare.

E’ chiaro però che di fronte all’accertamento dei fatti, ognuno dovrà saper trarre le proprie conseguenze.

A questo aggiungo che dobbiamo essere tutti consapevoli che quel richiamo costituzionale dell’art.54, all’onore e alla disciplina da parte degli eletti, non è solo un richiamo di legge, ma è anche, e forse soprattutto, un richiamo etico e morale. Questo e’ un aspetto centrale, non secondario.

Mi permetto infine di aggiungere che chi di noi riveste un ruolo pubblico e lo fa sotto l’insegna di un partito, ha una responsabilità che va oltre la sua singola persona.

La forma con la quale affrontiamo la vita pubblica, è condizione imprescindibile per poi poter essere credibili nelle cose che ogni giorno si provano a fare.

Serve una struttura etica e morale forte, sulla quale poter costruire la propria idea di Paese e di società.

Un partito serve innanzitutto a questo, a intercettare i bisogni e a individuare una risposta a quei bisogni.

In questi anni mi è capitato di incontrare anche chi mi ha detto: “se non sei quello che distribuisce i posti, non conti niente”.

Se mi sforzo di prendere la parte più nobile di quel ragionamento, la ricollego alla necessità di selezionare adeguatamente la classe dirigente, ma purtroppo invece in quella frase si cela il grande male dei partiti: l’essere visti e percepiti solamente come un luogo di distribuzione del potere.

Con questa immagine non possiamo pensare di accrescere la credibilità di un partito. Quell’idea va cambiata e il partito va riportato nel proprio alveo: quello di soggetto capace, attraverso i suoi amministratori, rappresentanti istituzionali di ogni livello e militanti, di essere soggetto promotore di risposte concrete ai bisogni dei cittadini, e non alle esigenze personali del singolo.

E’ per questo che nella mia relazione ho voluto mettere al centro le cose da fare e il metodo con cui farle.

Ho scelto alcune priorità, perchè se si considera tutto prioritario, significa che non si sceglie, ed invece oggi ce n’è assolutamente bisogno.

Ecco perchè superata la fase congressuale, il primo impegno che chiedo a tutti e’ di fare uno sforzo di elaborazione e di azione sul tema del lavoro.

Dichiararsi il partito del lavoro, ed essere il terzo partito votato dai lavoratori, ci dà la misura di quanto questo tema debba tornare ad essere centrale nel Paese e nella nostra agenda.

Partendo da qua, dobbiamo interrogarci su come rendere attraente e accogliente Ferrara verso chi vuole fare impresa o vuole investire nella nostra provincia.

Mi rendo conto che non può essere solo un’azione locale a risolvere i nostri problemi, c’è un tema generale di congiuntura economica dal quale non si sfugge, una congiuntura rispetto alla quale Ferrara percepisce la crisi un minuto dopo, agganciando però con un minuto di ritardo anche la ripresa.

Ho voluto lasciare aperta la discussione nel mio documento sulla strada da intraprendere perchè vorrei che da una bella discussione al nostro interno e con la società ferrarese emergessero nuove idee.

Non servono certamente i dati Istat per dirci che il lavoro è un’emergenza. Quel 12,5% di disoccupazione, che sale oltre il 40% fra i giovani, lo percepiamo ogni giorno nei nostri comuni, lo toccano con mano i sindaci misurando il numero di richieste di aiuto di chi ha perso il lavoro o lo sta cercando per la prima volta, lo percepiscono le famiglie che spesso si trovano in casa un ragazzo o una ragazza che non riesce a mettere a frutto i propri studi, oppure famiglie diventate improvvisamente monoreddito, lo percepiscono tutti i giorni commercianti ed esercenti quando vedono abbassarsi il numero di scontrini e il loro importo medio.

Queste situazioni sono aggravate anche dal venir meno della fiducia di trovare un lavoro: purtroppo cresce la fascia di coloro che un lavoro neanche più lo cerca. E questo è un dato di ulteriore e grave preoccupazione.

Ed è evidentemente che, a fronte di dati molto preoccupati anche a Ferrara, dobbiamo interrogarci su cosa avverrà nella nostra provincia nei prossimi mesi. Crisi importanti come quella di Berco e di Basell, sono state gestite dalle istituzioni e dalle forze sindacali nel modo migliore, però come nel caso di Berco, le numerose richieste di fuoriuscita dalla fabbrica hanno anche fornito il quadro del clima di sfiducia che c’è rispetto al futuro.

Quelle crisi le abbiamo gestite nel modo giusto, a tutti i livelli, dai comuni coinvolti, alla Provincia, passando per la nostra Regione e arrivando fino al Governo.

Le abbiamo gestite minimizzando il danno sociale, e mi permetto di dire una volta tanto che in quelle situazioni se non ci fosse stato l’intervento del pubblico, dalle istituzioni alla politica, quelle trattative sarebbero finite in modo diverso.

La politica, quella con la P maiuscola, ha riconquistato efficacia in quelle situazioni. Come si è dimostrata efficace nell’offrire opportunità a chi, come Berluti o VM, ha deciso di fare nuovi investimenti sul territorio.

Dietro però le situazioni maggiormente visibili, in realtà si nascondono anche centinaia forse migliaia di situazioni, dagli artigiani ai commercianti, che non riescono a ripartire: la perdita di un ulteriore migliaio di posti di lavoro nell’ultimo anno, evidenziato dalla Camera di Commercio, o il dato sul livello di disoccupazione ormai attestatosi quasi su quello nazionale, ne sono la dimostrazione lampante.

E’ quindi nostro dovere farci carico di mettere in campo nuove proposte.

Come fare? Certamente aiuterebbe consentire agli enti locali virtuosi di far ripartire un po’ di investimenti, per stimolare un’economia locale che proprio sul versante edilizio è in grave difficoltà. Anche perchè sono i Comuni che stanno dimostrando le migliori performance in termini di capacità efficace di spesa.

Detto questo è comunque necessario mettere a valore le nostre specificità:

è per questo che l’idea di mettere insieme pubblico e privato, in un nuovo accordo territoriale, lungo la nostra costa per rilanciare gli investimenti privati sul versante turistico è la scelta giusta. Un’azione di Provincia e Regione che va sostenuta, sperando di trovare adeguato sostegno anche dall’amministrazione comacchiese, che dovrebbe lavorare innanzitutto su questo anziché pensare ad inspiegabili e anacronistici cambi di Provincia.

Intorno al Parco del Delta infatti si può davvero trovare una grande occasione di rilancio locale, che non può non essere interconnessa con quanto si fa e si farà in città, sul versante turistico e culturale. Dobbiamo mantenere e rafforzare i grandi eventi culturali. Il MEIS, rifinanziato dal Governo Letta, non potrà che contribuire in tal senso. Di fronte ad un’offerta di qualità non sarà certamente la tassa di soggiorno a spaventare i turisti, ma potrebbe invece essere utile una risposta positiva da parte dei privati e delle loro rappresentanze alla richiesta dell’amministrazione di un contributo di idee per migliorarci.

E’ percorrendo questa strada che potrebbero crescere le opportunità di impiego per giovani e donne sul versante dei servizi e dell’economia creativa. Un versante nel quale ad esempio il modello cooperativo, in particolare, potrebbe offrire nuove occasioni di auto imprenditorialità, proprio per giovani e donne.

A questo va affiancata la necessità sul versante industriale di rimettere al centro le condizioni per sviluppare innovazione e impresa.

Ad esempio la scelta delle istituzioni locali, in accordo con le forze sociali e imprenditoriali, di offrire un servizio gratuito a chi è volontariamente fuoriuscito da Berco, affinché abbia piena conoscenza di come poter investire sul mercato del lavoro la propria buona uscita, e’ un esempio di politiche attive per il lavoro calibrate sulle necessita’ del singolo e del territorio. Rappresenta un modo sperimentale per accrescere le opportunità delle persone per reimettersi sul mercato, una volta perso quel lavoro che magari credevano fosse a vita.

A questa attività va affiancata la necessità di stimolare innovazione e tornare ad essere attrattivi. Dobbiamo essere accoglienti verso chi si affaccia sul nostro territorio per fare investimenti, a partire dai processi di sburocratizzazione passando anche per un atteggiamento fiscale che, nei limiti dell’azione locale, possa apparire consapevole delle difficoltà delle imprese e che quindi non vada a gravare ulteriormente su di loro, fino ad arrivare ad un atteggiamento delle forze sociali che accompagni nuovi processi di investimento sul territorio.

Le nostre aree industriali, sulle quali abbiamo investito in modo importante in questi anni, hanno creato negli anni nuovi posti di lavoro che non possiamo disperdere.

Molti di quei posti sono rimasti anche grazie a chi ha fatto innovazione:

un manager ferrarese mi ha confidato che senza un salto innovativo fatto cinque anni prima, che ha portato la sua impresa a diversificare la produzione, modificando il proprio business, oggi avrebbe un terzo degli addetti e sarebbe in fase di dismissione.

E’ per questo che l’azione su questo deve essere congiunta: lo dico anche alle forze sociali ed economiche, è indispensabile che ognuno di noi faccia la sua parte, anche in previsione della nuova tornata di finanziamenti europei dei fondi strutturali.

Rappresentano un’occasione sia per quanto riguarda l’innovazione, l’ambiente e la mobilità, che per quanto riguarda il settore agricolo. Su questo versante in particolare dobbiamo intercettare e mettere a valore le risorse che la nuova PAC mette a disposizione dei giovani, per avviare quel ricambio generazionale indispensabile anche al settore agricolo. I giovani devono diventare per noi “un’ossessione”: attrarne da fuori, anche grazie all’università, e offrire loro opportunità per rimanere a Ferrara.

Lavorare insieme anche per sopperire alla crisi complicata e pesante della banca locale.

La Cassa di Risparmio di Ferrara purtroppo, ad un certo punto, di locale ha mantenuto solo il nome; ha preferito dirottare altrove i propri investimenti, sbagliando gli obiettivi e contribuendo ad impoverire il tessuto imprenditoriale del nostro territorio. Gli atteggiamenti di chiusura sono dannosi in politica, ma lo sono altrettanto nell’economia, e la nostra banca ne è un drammatico esempio.

Lo dico perchè da un lato la ristrutturazione va affrontata con il massimo grado di attenzione verso i lavoratori, ma dall’altro occorre iniziare ad immaginare la prospettiva che la banca può avere. Personalmente credo che a noi non serva necessariamente una banca che abbia la parola “Ferrara” nel proprio marchio, ma che abbia, piuttosto, Ferrara e la sua comunità innanzitutto nel cuore, soprattutto nel cuore dei suoi investimenti.

Passa anche da qui la capacità di essere accoglienti verso nuovi insediamenti, diventati indispensabili anche per il rilancio del nostro Polo Chimico. L’azione del Comune di Ferrara in accordo con i nostri parlamentari, ha riportato il tema della chimica al centro della politica industriale (a dire il vero un po’ latitante) del governo.

Dobbiamo innervare in questa apertura, l’opportunità di un Terzo Accordo di Programma per quell’area, che dopo il tema energetico e quello delle bonifiche, si incentri sulla necessità di attrarre nuovi investimenti, in un settore, quello green, nel quale Ferrara, dal turismo all’agricoltura fino all’industria potrebbe essere un piccolo gioiello nell’economia nazionale.

Dobbiamo essere ambiziosi e non rassegnarci in modo fatalistico a quello che succederà. Se siamo davvero la classe dirigente di questo territorio dobbiamo farci carico di questa responsabilità.

I nostri amministratori lo stanno facendo, e mi permetto di estendere il buon risultato sondaggistico di Tiziano Tagliani, quinto sindaco d’Italia, a tutti i nostri sindaci e amministratori PD.

Il lavoro costante e quotidiano sta premiando, affianchiamo ad esso l’ambizione di far tornare a crescere il territorio e utilizziamo al meglio la filiera istituzionale che il partito può offrire.

Ho voluto sottolineare alcune idee maturate nel corso di questo dibattito congressuale, che nei prossimi mesi dobbiamo mettere a sistema, per questo propongo di dedicare i prossimi mesi all’elaborazione di nuove idee per creare lavoro sul nostro territorio, coinvolgendo da subito in questa nostra elaborazione le forze sociali ed economiche che avranno voglia di offrirci il loro punto di vista e le loro idee. Offriremo a tutti l’opportunità di una Conferenza Provinciale del Lavoro, che riparta dall’art. 1 della nostra Costituzione, e che ci porti ad essere promotori di nuove idee per rilanciare il nostro territorio.

Quell’innovazione che dobbiamo ricercare nelle politiche per creare lavoro, la dobbiamo perseguire anche negli assetti istituzionali.

I nostri amministratori sono stati protagonisti in questi anni di importanti progetti di innovazione istituzionale. La scelta pionieristica del copparese di puntare all’Unione dei Comuni, oggi è stata imboccata da tutto il territorio provinciale, anche grazie ad una normativa regionale che ha spinto in questa direzione, senza tentennamenti e resistendo alle spinte localistiche. A quella scelta pionieristica di diversi anni fa, ha fatto seguito la realizzazione della fusione dei comuni di Massa Fiscaglia, Migliarino e Migliaro. Il tema è ancor piu stringente in relazione alla modifica della struttura e del ruolo della Provincia: vivremo mesi in cui questa modifica rischia di avere effetti negativi sulle comunità, anche perchè la riforma sta avvenendo senza un disegno generale di modifica del rapporto tra Stato e Autonomie Locali, e questo è un problema!

Quindi i processi aggregativi vanno sostenuti e pensati anche con il giusto grado di ambizione. Dobbiamo farlo anche sul versante delle aziende pubbliche locali, in particolare nel settore dei rifiuti.

Dobbiamo superare l’eccessiva frammentazione di tali aziende, su un territorio provinciale meno vasto di altri. L’obiettivo è quello di migliorarne l’efficacia, l’efficienza e la sostenibilità, salvaguardando quanto di buono, sul versante ambientale (a partire dalla raccolta “porta a porta”) è stato fatto in questi anni.

“Piccolo è bello” si rivela un motto corretto solo nella misura in cui riesca a realizzare risultati, dall’altro lato e’ evidente come ci sia una percezione di distanza dei cittadini verso aziende come HERA, e su questo versante il tema della governance di quelle aziende e il reale peso dei Comuni nelle sue strategie, deve essere al centro di una nuova riflessione.

Nella nostra provincia sono state create tutte le condizioni per procedere alla migliore integrazione possibile, la volontà politica di agire in tale direzione deve essere esplicita, chiara e irreversibile. E’ evidente che va conclusa anche una programmazione regionale che purtroppo in questi anni e’ rimasta ferma (non casuali le dimissioni dell’Assessore Regionale Freda) e che deve rispettare le istanze dei territori e condividere una strategia comune tra Regione ed Enti Locali. In quella programmazione Ferrara deve ritagliarsi un ruolo sul fronte delle politiche del riciclo a partire dalla plastica.

La questione va affrontata mettendo al centro il cittadino, evitando di ispirarsi ad approcci meramente ideologici che, pur nella loro dignità culturale, rischiano comunque di scontrarsi con l’efficacia del servizio. Con questo spirito va affrontato il tema delle aziende dei rifiuti e anche quello dell’acqua.

Questa capacità di andare oltre i “campanili” è quella che dobbiamo mettere in campo anche su un versante delicato come quello sanitario.

Il PD e i suoi amministratori hanno avuto la capacità e la forza di farlo, perchè non possiamo ancorare il dibattito attuale a quello di vent’anni fa.

Lo dico perchè la protesta a Comacchio è una cosa naturale e legittima, ma non possiamo non denunciare il fatto che quella protesta oggi sta impedendo che nuovi servizi in quell’ospedale possano partire. Sono cittadini di Comacchio coloro che protestano, ma lo sono anche quelli che vogliono avere la serenità per lavorare e lo sono soprattutto quei cittadini che chiedono di poter essere curati.

Non possiamo rimanere fermi al dibattito del 1990, perchè altrimenti fra qualche anno quelle che oggi sono eccellenze ferraresi rischiano di essere marginali nel nuovo sistema sanitario regionale.

E allora, se dobbiamo fare un passo avanti, dico chiaramente alla nostra Regione e alle aziende sanitarie locali, che nell’ultimo anno la Conferenza Socio Sanitaria di Ferrara, i sindaci di questa provincia, la Provincia e il Partito Democratico si sono assunti la responsabilità di avviare un piano di riqualificazione della sanità locale, importante e impegnativo.

DA QUEL PIANO NON SI TORNA INDIETRO!!!! VA ATTUATO E RESO EFFICACE, NEL RISPETTO DI QUEI SINDACI E DI QUELLE COMUNITÀ CHE CI HANNO MESSO LA FACCIA, fin dall’inizio, e non si sono sottratti al confronto e alle responsabilità.

Abbiamo affrontato sacrifici e lo abbiamo fatto con coraggio, siamo andati oltre le istanze campanilistiche, lo abbiamo fatto mettendo al centro l’interesse del cittadino e quindi la qualità del servizio. E’ per questo che insieme alla necessità di dare corso alle scelte fatte in Conferenza socio sanitaria, non possono essere chiesti altri sforzi a questo territorio.

Siamo a disposizione per ragionare su come fare in modo che il nuovo sistema hub and spoke e la medicina di prossimità garantita con gli ospedali di comunità e le case della salute, possa andare completamente a regime, dicendo però chiaramente che:

nel nuovo sistema regionale di Area Vasta, nessuno si deve sognare di relegare Ferrara ad essere la succursale di qualcos’altro.

Ci abbiamo messo vent’anni per costruire l’Ospedale di Cona, adesso dovete consentirci di usarlo, insieme al sistema che abbiamo progettato per offrire qualità ai nostri cittadini. Compreso il versante universitario: l’eccellenza rappresentata dalla nostra Facoltà di Medicina deve mantenere il suo radicamento a Ferrara e da qui offrire un contributo di qualità all’intero sistema di area vasta.

E anche all’Universita’ di Ferrara mi permetto di dire che deve tornare ad essere protagonista delle politiche di sviluppo della nostra provincia: abbiamo bisogno del contributo di ricerca e innovazione che l’Universita’ di Ferrara puo’ dare.

Tornando al sistema sanitario locale, la priorità adesso è farlo funzionare al meglio, a partire dal tema delle liste d’attesa che sono espressione del livello di qualità dell’offerta, ma anche della competitività del sistema.

Per intenderci se le liste d’attesa sono troppo lunghe il cittadino, essendo la salute un bene primario, va altrove e se va altrove impoverisce noi ed arricchisce altri. Tutti conosciamo gli effetti della concorrenza veneta di questi anni:

su questo percio’ dobbiamo agire e farlo in fretta.

Questa è una priorità, non altro! Questo non ci deve far dormire la notte, non altro!

Su questi temi dobbiamo costruire i nostri progetti elettorali in previsione delle elezioni amministrative del 2014. In città ad esempio queste idee sono già in una fase di ulteriore approfondimento, attraverso il progetto FE2020, che ci ha consentito di far partecipare i circoli, gli iscritti e la società ferrarese all’elaborazione di nuove idee per la città.

Dobbiamo quindi partire dalle cose da fare e costruire intorno ad esse alleanze che siano innanzitutto coese, in grado di impegnare ogni minuto della legislatura a governare e non a litigare.

C’e piena disponibilità al dialogo con tutte le forze del centrosinistra ferrarese. Abbiamo governato bene in gran parte dei comuni, abbiamo garantito insieme impegno e coesione. Sulla scena locale, rispetto alle amministrative 2009, e’ arrivata anche SEL, forza politica nella quale in citta’ e’ confluita l’esperienza della civica SinistraAperta. Proprio a partire dal confronto con loro e con coloro con cui abbiamo governato fino ad oggi, va rimesso in piedi il patto di governo, partendo dalle cose da fare e dalle esperienze che hanno funzionato, esperienze tra loro diverse nei vari comuni: in alcuni casi hanno funzionato alleanze piu larghe, in altri, come in Città, alleanze piu ristrette.

Il nostro campo è quello del centrosinistra, un campo che deve pero’ essere aperto a tutte quelle istanze della società civile che avessero voglia e desiderio di impegnarsi in una sfida di governo locale.

Sono tante le persone disgustate dalla politica nazionale, ma pronti invece ad un impegno sul versante locale, soprattutto in presenza di amministratori capaci.

Apriamo le porte a quelle istanze per sfuggire alla trappola dell’autoreferenzialità, per essere in grado di determinare noi stessi il cambiamento, perché sempre più la sfida sarà tra chi saprà innovare e chi no.

Il confronto con le altre forze politiche deve riguardare anche le modalità di selezione dei candidati a sindaco.

Mi permetto però di dire che laddove ci sono sindaci uscenti e ricandidabili, con un buon grado di consenso, la richiesta di “primarie a prescindere”, sia internamente che da parte degli alleati, rischia di apparire ridondante, concentriamoci piuttosto nel progettare insieme la nostra idea di città e su questo da parte del PD c’è piena disponibilità ed apertura. Lo dico per Ferrara, ma anche per gli altri comuni che vanno al voto e nei quali abbiamo un sindaco uscente pronto a rimettersi a disposizione per un nuovo progetto di governo.

Cosa diversa ovviamente in quei comuni nei quali si è conclusa un’esperienza decennale di governo o nei quali siamo all’opposizione, e si deve ripartire. Li il confronto deve essere aperto e partecipato, così come faremo ad esempio a Bondeno, dove l’8 dicembre, insieme alle primarie nazionali, sono state indette le primarie per la scelta del candidato sindaco del centrosinistra, aperte a tutte le forze del centrosinistra, per provare a costruire insieme l’alternativa al governo di centrodestra in quel comune.

Il 2014 sarà anche l’anno delle elezioni europee. Sara’ il primo banco di prova del nuovo PD che uscirà dal Congresso nazionale.

L’Europa deve far parte del DNA del nostro partito. Abbiamo dato un contributo fondamentale affinché nascesse, ora dobbiamo dare un contributo ulteriore affinché migliori. Ci sono regole che tengono insieme i Paesi europei, ma che sono frutto di compromessi e congiunture superate ormai da anni. Ripensiamo quelle regole, senza mettere in discussione l’idea di Europa, che deve essere sempre più spinta verso l’idea degli Stati Uniti d’Europa e sempre meno germano-centrica.

Per affrontare queste sfide, dal congresso nazionale deve uscire un Partito Democratico più forte, in Italia e in Europa.

Questo e’ il congresso nel quale affermare in modo definitivo la cultura del PD, superando la logica delle vecchie appartenenze, ormai svanite fra gli elettori.

Su questo, sento di poter affermare che Ferrara ha saputo essere all’avanguardia. Il PD e’ nato prima che altrove, grazie al processo di rinnovamento e al radicamento, fin dalle sue origini, del progetto dell’Ulivo, antesignano del PD. Ne è dimostrazione anche il modo in cui abbiamo saputo affrontare temi spinosi e spesso divisivi come quello dei diritti: nella discussione di due anni fa sul tema del testamento biologico in consiglio comunale a Ferrara, il PD ha saputo trovare una sintesi alta, da estendere anche negli altri comuni, ispirato a quei principi di laicità dell’azione pubblica che ci devono caratterizzare, come stanno dimostrando nell’elaborazione politica su questi temi anche i Giovani Democratici, rappresentando un modo nuovo di affrontare nodi che il PD alla sua nascita non aveva saputo sciogliere.

Il Congresso Nazionale va affrontato da parte di tutti in modo maturo. Certamente quanto si sta vedendo sul tesseramento non aiuta a dare di noi l’immagine migliore, ma sarebbe ancor più dannoso decidere di cambiare le regole in corsa. Abbiamo fatto una discussione articolata sulla necessità di creare le condizioni per il massimo dell’apertura, da quella discussione non possiamo arretrare.

Quando parlo di discussione matura, il mio invito e’ ad evitare di impostare le proprie campagne congressuali sull’attacco reciproco fra i candidati. Lo stile migliore, quello che i nostri elettori si aspettano, e’ quello fondato sul confronto delle idee, non sulla demonizzazione degli altri. Lo dico anche per preservare il clima sereno che abbiamo instaurato a Ferrara.

Facciamo questo sforzo anche per migliorare la nostra capacità comunicativa. Da un interessante saggio del sociologo George Lakoff, emerge in modo molto chiaro che mettere al centro del proprio linguaggio l’avversario, alla fine non fa altro che rafforzare l’avversario stesso.

E’ una lezione che il PD dovrebbe tenere bene in mente, a prescindere dal congresso.

Come dobbiamo tenere ben in mente la sconfitta bruciante delle ultime elezioni politiche. In quelle elezioni non siamo riusciti ad essere espressione di quel cambiamento che i cittadini invocavano, purtroppo non abbiamo maturato quella credibilità che una parte consistente degli elettori chiedeva.

Ed e’ proprio sulla credibilità che ci giochiamo il nostro futuro.

Ci sono 10 milioni di cittadini che nelle ultime elezioni non hanno espresso il proprio voto in base ad una appartenenza, ma in funzione di chi o che cosa garantisse un cambiamento rispetto agli ultimi vent’anni.

Non è’ casuale che a distanza di pochi mesi, dopo il deludente risultato nazionale, abbiamo vinto praticamente in tutti i comuni, dal Nord al Sud. C’è un elemento di credibilità locale che deve essere la base da cui ripartire.

Mi auguro che la discussione che ci sarà nelle prossime settimane, nei circoli e nelle Convenzioni provinciali e nazionali, non sorvoli sulle ragioni della sconfitta, per poter comprendere da quegli errori come ritrovare la strada.

La parte più dinamica della società infatti non ci considera più un interlocutore. Siamo il primo partito fra i pensionati e i dipendenti pubblici, ma siamo il terzo fra i lavoratori, e praticamente residuali fra gli autonomi, i giovani e le partite IVA. Dobbiamo dare anche a questa parte delle società una ragione per tornare a votarci.

Abbiamo discusso per settimane su quanto questo Congresso potesse far bene alla durata del Governo. Mi permetto di dire che una discussione così impostata ha dato l’idea che a dover scegliere il nostro futuro fossero nuovamente altri, di non essere padroni più neanche delle nostre scelte.

E’ anche per questo che il mio auspicio e’ di avere, dopo il Congresso, un PD più incisivo nel rapporto con il Governo. Ho apprezzato il lavoro di Epifani e lo ringrazio per essersi messo al servizio del partito, ma ora occorre una guida fortemente legittimata che possa condizionare l’azione di Governo e ci faccia apparire meno subalterni alle prese di posizione dei nostri momentanei alleati di governo.

E’ solo con un PD forte che quelle cose che il Governo dovrà fare potranno trovare compimento, altrimenti il rischio e’ quello di continui compromessi che renderebbero inutile la sopravvivenza del governo stesso.

Abbiamo dato al Governo Letta un mandato a tempo, per fare cose ben precise. Dobbiamo essere coerenti: lavorare affinché quelle cose vengano fatte e prepararci al contempo per tornare ognuno nel suo campo e offrire le propria idea di società e la propria proposta politica al Paese, magari con una legge elettorale che superi definitivamente il Porcellum, che dia la possibilità di scegliersi i propri rappresentanti e quella di avere un vincitore che possa governare per cinque anni per poi ripresentarsi agli elettori ed essere giudicato.

In quella proposta di società dobbiamo essere in grado di mettere insieme alla parola uguaglianza la parola libertà, che abbiamo lasciato in questi vent’anni a totale appannaggio del centrodestra. Quell’uguaglianza delle opportunità e quella libertà che solo il lavoro può offrire, perchè è innanzitutto il lavoro che consente di essere autonomi, che dà la possibilità di scegliere.

Molto spesso in questi anni la platea di coloro che lavorano, che ha assunto sfaccettature molto diversificate, è stata condizionata dalle paure e dal senso di inefficacia della politica:

la paura di vedersi scippare il proprio lavoro da altri, li ha portati ad avere fiducia in un messaggio difensivo come quello della Lega; la rabbia per una politica troppo spesso inefficace ha portato molti nell’ultima tornata elettorale ad allontanarsi, ad astenersi, a trovare legittimo anche un salto nel vuoto, come il M5S, piuttosto che votare sempre per gli stessi.

Fra quelle persone dobbiamo recuperare credibilità, a questi cittadini dobbiamo ridare speranza, consapevoli che non sono piu solo lavoratori a tempo indeterminato o del pubblico impiego, ma anche e soprattutto tanti giovani, ma non solo, che mascherano dietro un contratto a progetto o dietro una partita Iva, un lavoro subordinato; che vorrebbero provare a partire con una loro idea imprenditoriale ma non trovano il giusto sostegno, che vorrebbero non disperdere il patrimonio di conoscenze delle propria impresa, ma non trovano le condizioni per farla ripartire

Spero si affermi l’idea di un’Italia delle opportunità, di un’Italia davvero federale, nella quale dai livelli locali si abbia la responsabilità delle scelte verso i cittadini, superando quel neocentralismo di ritorno che mal si concilia con quelle necessità di coesione sociale di cui le comunità locali si sono spesso assunte la responsabilità.

Ripartiamo da qui, dal nostro territorio, con la giusta ambizione, perché come afferma Max Weber:

“…la politica consiste in un lento e tenace superamento di dure difficoltà da compiersi con passione e discernimento al tempo stesso. E’ certo del tutto esatto, e confermato da ogni esperienza storica, che non si realizzerebbe ciò che è possibile se nel mondo non si aspirasse sempre all’impossibile”

Aspiriamo insieme all’impossibile, e realizziamo il possibile!

Grazie


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